Ecco la domanda che tutti i genitori si pongono appena prima dei sei mesi: quando capisco che il piccolo vuole mangiare altro? Come inizio a introdurre i primi cibi? E quali devono essere?
Anche io, ovviamente, mi sono posta questa domanda e ho iniziato a comprare libri su libri su tutte le teorie mai state pensate sullo svezzamento. Ho deciso, infine, di limitare la scelta alle due opzioni classiche: svezzamento e autosvezzamento.
Iniziamo col precisare che già parlare di svezzamento è scorretto: la parola corretta da usare è DIVEZZAMENTO.
Con il termine divezzamento (avvio dell’alimentazione complementare) si intende il passaggio da un’alimentazione esclusivamente lattea ad un’alimentazione semi-solida o solida. Caratterizzata dalla progressiva introduzione dei cosiddetti “alimenti complementari”, cioè alimenti diversi dal latte.
Quando iniziare a divezzare
Qualsiasi inserimento di cibo ad un neonato deve avvenire, secondo l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) a partire dai sei mesi.
Solitamente i pediatri e nutrizionisti consigliano di iniziare a variare l’alimentazione del neonato quando si noterà che il bambino:
- inizia a stare seduto
- non manifesta più il riflesso di estrusione (tirare fuori la lingua per mangiare come quando poppano)
- mostra interesse verso il cibo
L’autosvezzamento
Sempre più pediatri e nutrizionisti parlano di autosvezzamento. Questo metodo consiste nel lasciare liberi i bambini di scegliere cosa mangiare e in che quantità del cibo presente a tavola.
Bisogna seguire queste semplici regole:
- Tenere sempre il bambino a tavola con i genitori, non appena è in grado di stare seduto con minimo appoggio sul seggiolone.
- Alimentare con solo latte fino al compimento dei sei mesi.
- Aspettare le richieste di cibo del bambino, di solito il tentativo di raggiungerlo con le mani o uno sguardo sostenuto ed eccitato.
- Soddisfare qualsiasi sua richiesta, sempre e ovunque, purché si tratti di cibo idoneo a giudizio dei genitori.
- Smettere gli assaggi se il bambino smette di chiederli, o se il pasto della famiglia è finito.
- Non cambiare ritmi e durata dei pasti dei genitori, se possibile. Il bambino può prendere tranquillamente il loro ritmo.
- L’allattamento materno prosegue a richiesta fino a quando la mamma e il bambino saranno, entrambi, d’accordo a continuarlo. Dopo ogni pasto la madre dovrà sempre offrire il seno al bambino che sarà libero di rifiutarlo se già sazio dal pasto.
L’esperimento di Clara Davis: la prima teoria dell’autosvezzamento
Durante i miei studi di antropologia mi sono imbattuta in uno strano esperimento, che ai tempi mi aveva solo incuriosito ma riprendendolo poi, in veste di mamma, mi ha provocato diverse reazioni contrastanti. Da una parte ero perplessa nell’aver lasciato questa libertà di scelta a dei neonati, dall’altra ero affascinata dalla loro capacità di autogestire una corretta alimentazione
Nel 1928 una ricercatrice di Chicago, USA, Clara Davis, decise di scoprire se i bambini in epoca di cambiamento delle loro abitudini alimentari potessero scegliere autonomamente cosa e quanto mangiare, avrebbero fatto scelte sane ed equilibrate. Questa volontà nasceva dalla necessità di affrontare e risolvere i numerosissimi problemi di appetito e di qualità della dieta presenti nei bambini. Il suo dubbio era che i bambini mangiassero poco e male, non per loro spontanea volontà, ma perché costretti a rispettare rigidamente le dosi che la scienza nutrizionale dell’epoca considerava adeguate per loro, impedendo la loro libera sperimentazione e, così, privandoli di una sorta di primitiva, istintiva capacità di aggiustare la dieta a seconda delle proprie individuali necessità.
Cercò allora di ricreare una situazione in cui i bambini, 15 in tutto, di età intorno ai sei mesi, potessero procurarsi liberamente il cibo. Questo studio durò sei anni.
Furono scelti 32 alimenti diversi, dieci di origine animale, vale a dire latte, pesce e carne, frattaglie comprese, e gli altri di origine vegetale, sia cotti che crudi, più acqua e sale, tutti al naturale, cioè non mescolati con altri ingredienti, e ognuno servito su un piatto proprio. Il personale di assistenza offriva al bambino l’alimento quanto questo veniva richiesto. Ogni bambino veniva assecondato qualunque cosa chiedesse, per quanto strano e “non ortodosso” potesse apparire il pasto. Pian piano ogni bambino sviluppò i suoi gusti e le sue preferenze, senza per questo restringere di molto la varietà dei cibi richiesti.
Le Conclusioni della Davis
La ricercatrice scrisse nelle sue conclusioni, dopo aver analizzato circa 36.000 pasti : “Tutti i bambini sono riusciti ad alimentarsi correttamente; tutti avevano un poderoso appetito; tutti sono cresciuti bene”. Secondo la Dottoressa Davis questo avvenne perchè i bimbi avevano la disponibilità di soli alimenti sani.
Questo dimostra due cose:
- I bambini mangiano, e apprezzano il mangiare, senza che ci si debba, per forza, arrabattare ad escogitare ricette invitanti (o, peggio ancora, trabocchetti gastronomici).
- I genitori devono rendere disponibili alimenti salutari in sufficiente varietà.
A livello teorico l’autosvezzamento mi aveva quasi convinto, ma la lunghezza di tutto il procedimento mi spaventava un po’.
La prima cosa che mi ha fatto desistere era l’ansia di dovergli dare cibo grande abbastanza da permettergli di afferrarlo da solo; avevo il terrore che si soffocasse. La seconda motivazione che mi ha portato a scegliere l’altra via, e lo dico egoisticamente, era la voglia di un po’ di libertà e di tempo solo per me senza dover tornare di corsa a casa ad allattare.
Così decisi di provare con lo svezzamento classico, e devo dire che mi è sempre andata bene.
Lo svezzamento tradizionale
Molti pediatri danno ancora oggi la tabella con i mesi in cui aggiungere determinati cibi (i crono inserimenti) anche se l’OMS indica che si possano inserire tutti gli alimenti dall’inizio dello svezzamento, a parte:
- il glutine (dal 6° mese)
- il miele (dal 12° mese)
- il sale (dal 12° mese)
- lo zucchero (andrebbe evitato il primo anno)
- molluschi, mitili e funghi (dal 24° mese)
Lo svezzamento classico dà il via a una serie di pentoloni di brodo di verdure. Ogni pietanza viene frullata e si creano mille pappette fatte con farine varie, verdure e inserendo una proteina alla volta, cambiandola ad ogni pasto.
Normalmente i primi cibi diversi dal latte da introdurre sono:
- vegetali cotti e tritati come patate, carote
- banana o pera o mela grattugiata
- farina di riso messa nel latte o nel brodo
e successivamente
- carboidrati come riso, mais, cereali vari
- proteine (30/40 grammi): agnello, pollo, tacchino, manzo, pesce pescato e di piccola taglia, capretto, maiale.
Si inizia a sei mesi o poco prima con assaggi di frutta o verdura per poi passare alle classiche pappe che il genitore prepara prima di passare ad altre consistenze.
Nello svezzamento classico il bambino manipola poco il cibo autonomamente con le mani. Viene preferito l’utilizzo del cucchiaino per somministrare le pappe.
La parte che meno mi convinceva è la poca libertà che viene data ai bimbi nello scoprire il cibo.
La mia esperienza: una semplice via di mezzo
Personalmente ho mischiato le diverse teorie iniziando a preparare le pappe, senza, però, impazzire dietro a inserimenti separati di verdura, frutta o cereali. Ho divezzato tutti e tre in estate iniziando, sempre dalla pesca e facendo assaggiare tutta la frutta estiva. Nelle prime pappe ho mischiato fin da subito le verdure e dopo le primissime settimane davo già pezzi di pane da mordicchiare e i broccoli da tenere in mano e mangiare liberamente. Dopo un paio di mesi ho iniziato a creare mille ricette di polpette in tutte le varianti, facendole con forma allungata per far si che potessero afferrarle liberamente.
Ho sempre lasciato i miei figli liberi di toccare la pappa e il cucchiaino perchè ho ritenuto fondamentale lasciarli liberi di esplorare e conoscere il cibo. Quando preparavo le pappe dividevo comunque i sapori. Ad esempio se cucinavo l’uovo mettevo separatamente nella scodella la pappa con le verdure e nel piatto piano l’uovo con altre verdure, questo per differenziare dall’inizio, o quasi, i sapori degli alimenti.
Personalmente ho sempre odiato i classici bicchieri col beccuccio così ho da subito iniziato a utilizzare i bicchieri della munchkin che sono stati creati apposta per insegnare al bimbo a bere come si fa con il bicchiere da grandi!
Io però sono stata fortunata perchè i miei figli hanno assecondato il mio divezzamento provando interesse ed entusiasmo nel mangiare sia le pappe sia i cibi solidi.
L’esperienza di Camilla
Camilla ha avuto un’altra esperienza: il suo primo figlio, Eithan, è stato svezzato alla maniera classica mentre Ben (il secondo) si sta autosvezzando.
Dato che Ben a sei mesi non stava ancora seduto (ora che ne ha otto gattona e si alza in piedi!), Camilla ha saggiamente deciso di aspettare a divezzare.
Il suo piccolo Ben ha fin da subito chiaramente manifestato il suo volere, lui odia le pappette e vuole i pezzi di cibo da gestirsi da solo. Ha scelto lui: l’autosvezzamento era la sua strada.
E così, armata di fiducia verso suo figlio e continuando a ripetere nella sua testa la frase che l’esperta al corso di disostruzione delle vie aree aveva pronunciato “se i bambini non fossero in grado di gestire i pezzi e a sputarli quando sono troppo grossi ci saremmo già estinti”, ha iniziato questa avventura.
Ben è soddisfatto, lei è contenta e tutta la famiglia mangia sano e meglio!
Inoltre ha notato come sia perfettamente in grado di gestire i pezzi di cibo pur avendo solo 8 mesi.
Camilla ha preferito per Ben i mini bicchieri, sia per non interferire con l’allattamento sia perchè li trova geniali!
Alla fine sono i nostri piccolini che decidono la strada verso il viaggio alla scoperta dei sapori, e noi dobbiamo solamente dargli fiducia.