Il ciuccio, santo ciuccio oserei chiamarlo: tanto amato durante il primo anno di vita del bambino e tanto odiato dopo.
I pediatri ci dicono di darlo nei primi mesi di vita perché aiuta a prevenire la morte in culla (SIDS).
I dentisti dicono di stare attenti ad utilizzarlo dopo l’anno, sopratutto per i bimbi che il ciuccio lo usano come estensione della bocca, perché c’è il rischio che crei problemi ai denti e palato.
Allo stesso tempo gli esperti ci dicono di evitare che i nostri figli scoprano il pollice.
Insomma: se abbiamo mille dubbi solo sul dare il ciuccio o evitarlo figuriamoci sui metodi per eliminarlo!

I metodi per eliminare il ciuccio

Se chiedessimo ad ogni mamma o nonna il loro personale metodo per togliere il ciuccio sentiremmo mille storie diverse; alcune atroci altre molto divertenti.
Io le suddivido in due categorie principali:

  • drastico e rapido
  • soft interminabile

Drastico e rapido

Sono tutti quei metodi per i quali gli psicologi ringraziano mamme e nonne! Possono creare traumi profondi in ogni bambino e rischiano di far diventare i nostri figli degli adulti instabili emotivamente. Ovviamente scherzo!
Parlando di metodo drastico mi riferisco a tutte le metodologie sprint: veloci e dolorosissime! Quelle che si applicano in un momento di perdita di pazienza e nervosismo, o sotto consiglio delle nostre mamme e nonne che, vincono in crudeltà rispetto alle mamme contemporanee. Qua di seguito ne riporto alcuni:

  • strofinare dell’aglio crudo sul ciuccio
  • tagliare la punta del ciuccio
  • far sparire il ciuccio improvvisamente dando la colpa a qualche santo del succhiotto, al cane del vicino o a qualche mostro
  • “perdere” il ciuccio improvvisamente

Quasi tutti questi metodi portano a pianti, proteste e lamentele da parte dei bimbi. E come biasimarli? Il ciuccio è il loro elemento consolatorio, strapparglielo via è sicuramente traumatico e quindi è normale che protestino. C’è chi lotta per riaverlo con più forza e tenacia, chi con meno, ma i nostri figli non si arrenderanno facilmente. Dopo aver applicato questo metodo ci accorgeremo che è anche un sistema un po’ masochista, perché le notti in bianco a piangere, i nostri figli, le passeranno con noi al loro fianco. Quindi sicure di volere questa tortura?

Metodo soft

Sono tutti quelle storie fantasiose che si raccontano ai bambini per convincerli a dire basta al ciuccio, è un metodo più soft ma sicuramente estenuante e lunghissimo. Bisogna crederci e portarlo avanti con convinzione, ma sicuramente è il metodo meno traumatico e con meno proteste e pianti, perché saranno i nostri figli alla fine a dirci “ mamma basta ciuccio”.

Io ho applicato questo metodo con due dei miei tre figli (la terza è ancora piccola).

Di solito si inizia a raccontare un storia per dire addio al succhiotto, e la si ripete all’infinito fino a quando nostro figlio non decide che, sia giunto il momento di salutare il ciuccio seguendo le indicazioni che gli sono state raccontate nella favola.

Qua potete dare libero sfogo alla fantasia! Scegliete una bella favola, perché la ripeterete fino ad avere la nausea! La cosa importante è che alla fine sia il bimbo a lasciar andare il ciuccio, quindi è importante che sia lui a prendere questa decisione. E’ proprio per questo che non sarà per nulla traumatica come metodologia.

Il mio metodo per togliere il ciuccio senza traumi

Verso i due anni e mezzo di Miriam ho chiesto consiglio alle maestre del nido sulle metodologie per togliere il ciuccio; premetto che sia Miriam che Giacomo dall’anno di vita usavano il ciuccio solo per la nanna del pomeriggio e durante la notte. Una maestra in particolare mi ha consigliato di iniziare a raccontarle una favoletta su quello che avrebbe fatto col suo ciuccio una volta che si fosse sentita grande abbastanza per salutarlo.

Cosi inventai la storiella che quando lei si fosse sentita grande a sufficienza per poter dormire senza ciuccio, avremmo comprato un bel palloncino colorato ci avremmo appeso i suoi ciucci e lei lo avrebbe fatto volare dalla finestra. Cosi i suoi amati succhiotti sarebbero saliti fino in cielo. La storiella finiva con gli uccellini piccolini che avrebbero usato i suoi ciucci e sarebbero stati felici grazie a lei.

Questa storia l’ho ripetuta quasi tutti i giorni per circa due o tre mesi fino a quando Miriam dal nulla, la sera prima del suo terzo compleanno,  mi chiese di comprarle un palloncino perché l’indomani avrebbe fatto volare i suoi ciucci.
Cosi è stato (tralascio il racconto di quanto sia stato difficile trovare a gennaio dei palloncini gonfiati con l’elio); la sera dopo prima della nanna abbiamo preparato il sacchetto con i succhiotti e l’abbiamo lasciato volare dalla finestra.
Miriam non ha mai chiesto i ciucci di notte né ha mai pianto per averli fatti volare via. Ogni tanto mi chiedeva se avessi visto degli uccellini con i suoi ciucci e fantasticavamo insieme raccontando qualche storia.

La stessa cosa è avvenuta con Giacomo, che spronato da Miriam ha deciso in un mese soltanto di farli volare in cielo.

Che dire? Non smetterò mai di ringraziare la maestra del nido perché dire addio al ciuccio è stato facile e indolore.

Ogni cosa a suo tempo

Come per ogni cosa, i nostri figli hanno ritmi diversi e bisogna rispettare i loro tempi. Alla fine un ciuccio se usato solo per la nanna che fastidio ci dà?
Per loro è una coccola e per noi è uno strumento che serve a farli dormire e che quindi serve a noi per dormire! Quindi non dobbiamo sentirci sotto esame e cercare di togliere il ciuccio il prima possibile, nella vita dei nostri piccoli nulla deve essere considerato “gara” con altri bimbi e mamme.

Se avete deciso per la via più lunga e soft o se avete deciso di aspettare che il vostro bimbo o bimba cresca ancora un po, vi consiglio un  fantastico portaciuccio in cotone biologico della HEVEA.
In base alla mia esperienza le cose si ottengono a piccoli passi e con dolcezza, così nulla sarà vissuto come traumatico.
Pensate che i miei bimbi ogni tanto la sera raccontano di quando hanno fatto volare il ciuccio come se stessero raccontando una storia magica con loro stessi come protagonisti.

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